«Incentivare le imprese agricole significa anche strutturarle in una logica di multifunzionalità affinché possano offrire servizi sociali, generando coesione»
Il 23 settembre è entrata in vigore la nuova legge sull’agricoltura sociale.
Con la legge viene introdotta per la prima volta una definizione chiara di che cosa si intende per “agricoltura sociale”: “quale aspetto della multifunzionalità delle imprese agricole finalizzato allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento socio-lavorativo, allo scopo di facilitare l’accesso adeguato e uniforme alle prestazioni essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate”.
In questo ambito rientrano le attività che prevedono: a) l’inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e lavoratori svantaggiati, persone svantaggiate e minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione sociale; b) prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali attraverso l’uso di risorse materiali e immateriali dell’agricoltura; c) prestazioni e servizi terapeutici anche attraverso l’ausilio di animali e la coltivazione delle piante; d) iniziative di educazione ambientale e alimentare, salvaguardia della biodiversità animale, anche attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche.
Con la legge 141 del 2015 lo Stato prende atto di una realtà esistente, quella delle infrastrutture e dei servizi del welfare, capace di sviluppare, far crescere ed affermare le aziende agroalimentari per diventare sempre più un catalizzatore economico-sociale del territorio di riferimento.
Il testo della Legge 141 del 2015 “Disposizioni in materia di agricoltura sociale”
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